Riprendo questo testo di Erich Reiss, Le avanguardie artistiche del Novecento, Berlino 1921.
E' una sapiente analisi dell'espressionismo che si lega molto bene all'idea di fotografia non come rappresentazione della realtà ma come superamento della realtà stessa.
L'artista espressionista trasfigura tutto lo spazio. Egli non guarda: vede; non racconta: vive; non riproduce: ricrea; non trova: cerca. Al concatenarsi dei fatti - fabbriche, case, malattie, prostitute, gridi e fame - subentra il loro trasfigurarsi. I fatti acquistano importanza solo nel momento in cui la mano dell'artista, che si tende attraverso di essi, chiudendosi, fa presa su ciò che a essi sta dietro: l'artista vede l'umano nelle prostitute e il divino nelle fabbriche, e riconduce i singoli fenomeni nel complesso del mondo. Dell'oggetto ci dà l'intima immagine, il paesaggio in cui spazia la sua arte è quello stesso grande Paradiso che Iddio creò alle origini del mondo e che è più ricco, più vario e infinito di quello che il nostro sguardo, nel suo cieco empirismo, considera reale, ambiente che non vi sarebbe interesse a descrivere, ma che mediatamente, a cercarvi il profondo, il caratteristico, il meraviglioso spirituale, si riempie di nuovi interessi e scoperte.
Tutto viene rapportato all'eterno. Il malato non è più soltanto quell'individuo che soffre, ma si converte nella malattia stessa, nel suo corpo traspare il dolore di tutto il creato e scende la pietà del creatore. Una cosa non è più soltanto materia, pietra, panorama, soltanto un quadrilatero con gli attributi della bellezza o della bruttezza. Essa si libera da tutto questo; viene indagata nella sua caratteristica essenza fino ad attingerne l'aspetto più intimo: fino a che la casa si apra e si liberi dall'ottusa costrizione di una verità sbagliata; fino a che sia rovistata in ogni angolo e vagliata attraverso quell’espressione che ne rivelerà il significato fondamentale magari a spese della verosimiglianza; fino a che si elevi o precipiti, si stiri o si rattrappisca; fino a che insomma sia realizzato ciò che in essa dorme allo stato di possibilità.
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Il mondo c'è già, non avrebbe senso farme una replica: il compito principale dell'artista consiste nell'indagarne i moti più profondi e il significato fondamentale, e nel ricrearlo. Ciascun uomo non è più un individuo legato al dovere, alla morale, alla società, alla famiglia: in quest'arte egli diventa solo una cosa, la più grande e la più misera, diventa uomo.
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Nel suo chiudersi inesorabile la mano dell'artista lacera tutti questi diversivi, e li rivela per quello che sono: delle facciate; fuori dalle quinte, dal giogo di un sentimento falsato dalle convenzioni tradizionali, esce l'uomo e basta, non l'animale biondo, il selvaggio primitivo, ma proprio l'uomo puro e semplice. Il suo cuore si allarga, i suoi polmoni si aprono, egli si abbandona al creato del quale non è una parte, ma che si muove in lui come egli lo rispecchia; la sua vita si regola senza bisogno della logica, senza raziocinio, senza gli impacci della morale né della casualità, unicamente secondo l'ampia misura del suo sentimento. Mediante questa estroversione del suo interno si lega a tutto: racchiude il mondo, ha in sé la terra, le sue gambe vi hanno radici mentre la sovrasta, il suo fervore abbraccia il visibile e il già visto. L'uomo è di nuovo forte di un sentimento vasto e immediato. Eccolo, così afferrabile il suo cuore; lo attraversano ondate di un sangue così genuino che sembra avere il cuore dipinto sul petto. Non resta personaggio, ma è un uomo davvero: situato nel cosmo, però con sensibilità cosmica; non si dà da fare a vivere la sua vita: l'attraversa; non riflette su se stesso, ma vive se stesso, non si aggira ai margini delle cose, le coglie nel centro. Non è disumano né superumano, è solo uomo, codardo e forte, valido e vile, buono, banale, magnifico, così come Dio lo ha lasciato al momento della creazione. Le cose gli sono tutte vicine, abituato com'è a scrutarne il significato e l'essenza autentica. Non ha inibizioni, ama e combatte in modo diretto; solo la forza del suo sentimento lo guida e lo dirige, non un pensiero contaminato: perciò può arrivare a esaltarsi, a far nascere nel suo spirito grandi visioni; attinge a Dio come alla vetta del sentimento, da raggiungersi solo attraverso estasi spirituali mai provate: pure, questi uomini non sono dei forsennati: è che il processo del loro pensiero scorre in una natura speciale; sono incontaminati; non pensano di riflesso. Non sperimentano in circoli e per riecheggiamenti, sperimentano in modo diretto.