Non posso parlare di Josef Koudelka. E' stato ed è uno dei maggiori fotografi al mondo, un fotografo storico: a lui dobbiamo gran parte di ciò abbiamo visto dell'invasione di Praga da parte dei Sovietici negli anni '60. Eppure lui con la storia ha un feeling particolare. Ricordo un altro lavoro in qualche modo storico: "Wall" dove indagava il muro di separazione issato a tener confinati i palestinesi dentro i territori occupati. E' naturale quindi che "Vestigias" mi suscitasse una qualche curiosità: vedere come aveva affrontato un tema, sempre molto interessante per me, delle tracce dell'antichità.
Di buon mattino mi sono diretto in direzione Bard, in Val d'Aosta, dove questa mostra si svolgeva, all'interno del suo Forte, una location storica incorniciata in un paesaggio naturale bellissimo. Pieno di entusiasmo mi sono accinto alla visione della mostra al cui ingresso le parole di Koudelka mi informavano che per questo lavoro ha speso 23 anni fotografando e rifotografando presso i maggiori siti archeologici europei. Le foto iniziali erano poste su dei basamenti all'altezza del ginocchio e mostravano foto in formato panoramico, nelle sale invece oltre agli scanni così creati vi erano alle pareti alcune stampe giganti in formato diciamo 16:9 (ma non sono sicuro della proporzione) che mostravano alcuni luoghi.
Già il formato mi meravigliava abbastanza, pensavo che il formato 16:9 fosse riservato a qualche scatto non a tutti! Non è che questo formato non mi piaccia ma certo alla lunga stanca e porta un pò a pensare che in fondo sono tutte uguali queste foto di rovine in bianco e nero. Ed in fondo deve esser quello che hanno pensato anche i curatori perché di foto vere e proprie non è che ce ne siano poi molte alle pareti.
Nella terza sala ecco che ci si imbatte nell'audiovisivo di rito che ci mostra in sequenza continua 300 scatti, forse un po' tantini e magari sarebbe stato preferibile vederne qualche d'uno in più sulle pareti invece che proiettati come filmato.
Il modo invece di affrontare tali siti è stato meraviglioso: osservare oltre il visibile. Direi che Koudelka abbia saputo spingere la sua fotografia oltre la mera rappresentazione di antiche rovine, cosa oggi di moda e largamente abusata.
In fondo l'autore stesso ci tiene a precisare che la sua non è una fotografia ne archeologica ne architettonica:
"La mia fotografia non è un documentario. Non sto conducendo un'inchiesta. Non ho mai avuto interesse ne reportage. Cerco sempre la perfezione dell'immagine. Scatto sempre le mie immagini pensando come potrei migliorarle ritornando sul posto"
Un principio che mi sento di condividere, mi rendo assolutamente conto che tornare sui luoghi mi fa capire e comprendere meglio e di conseguenza migliora la mia capacità dietro la lente.
Koudelka indaga le rovine in una maniera nuova: ricerca ciò cosa che le renda vive di umanità, una umanità che fu ed ora non c'è più. Non a caso nelle sue fotografie non compare quasi mai, se non di sfuggita o come ombra, la figura umana, tuttavia la si percepisce e si percepisce come quelle antiche pietre siano state testimonianze di una storia di uomini.
La mostra termina forse troppo velocemente e mi sento di non aver colto abbastanza del messaggio che Koudelka ha racchiuso nei suoi scatti, vorrei veder di più per capire di più.
Penso che potrei dedicarmi con calma al catalogo probabilmente più vasto della mostra stessa, e qui la seconda delusione. Il catalogo dal costo di ben 15 eur è poco più di un pieghevole in formato panoramico di una serie neppure troppo completa degli scatti della mostra: più che ad un catalogo assomiglia a quell'insieme di cartoline che i soliti venditori ambulanti ti propinano in prossimità di qualche monumento storico. Ok che parliamo di antiche vestigia ma un catalogo classico lo avrei almeno gradito.
Se nulla posso eccepire sulla mostra (e come potrei?), l'allestimento e il catalogo mi hanno lasciato molto scettico e alla fine non mi hanno soddisfatto.