Non sono mai stato un ammiratore o un esperto della fotografia di moda, glamour o pubblicitaria: le mie conoscenze in questo campo sono poche e limitate, forse, agli autori più importanti, quelli che tutti più o meno conoscono.
La mostra a Milano su Herb Ritts non mi attraeva molto, l’autore lo conoscevo quasi esclusivamente per il famoso ritratto di Jack Nicholson nella parte di Joker, l’antagonista di Batman.
Ad ogni modo ho pensato che sarebbe stata una buona occasione per colmare una lacuna. Mi sono apprestato ad entrare, audioguida alla mano inclusa nel biglietto d’ingresso, in una mostra praticamente senza alcun visitatore, ovviamente complice l’ora di pranzo e il fatto che la mostra volge ormai al termine. Dal momento che poco conoscevo di Herb Ritts ho deciso di seguire l’intera audioguida, cosa che consiglio vivamente perché mi sembra fatta molto bene, il giusto corollario ad una gran mostra.
Herb Ritts si inserisce nel filone dei grandi fotografi americani: da Avedon a Newton. Nasce in California ed inizia ad amare la luce naturale per le sue fotografie, la luce più dura quella delle ore centrali della giornata. Sarà questa la sua caratteristica, tanto che Richard Gere nel commemorarlo nel 2003 ricorderà come
“Herb conosceva la luce naturale meglio di chiunque altro.
Gli piaceva. La capiva. Era una sua creatura. Credo che con la luce naturale, e forse con la superficie riflettente. lavorasse al meglio.”
Farà solo raramente ricorso alla luce di studio, non sopportava dover attendere la ricarica dei flash seppur per un breve periodo.
Lui fotografa corpi e volti che richiamano la scultura classica, sono un insieme di forme, dirà lui stesso che fotografa “soltanto materiali naturali: pelle, capelli, sabbia, il mare le rocce, il sole, le ombre. Esploro le combinazioni di queste superficie diverse. Ma non voglio essere nostalgico o ultraconservatore. […] Il mio ritorno al classicismo è compensato da una misteriosa audacia.”
In effetti i suoi corpi di nudo maschili e femminili, non sono definibili come glamour o erotici, ma piuttosto come studi di forme. La sua fotografia non è erotica, piuttosto sensuale.
I suoi ricatti sono pieni di fascino, una interpretazione profonda dei suoi soggetti. “Un ritratto - diceva - permette di capire una persona, la sua natura più intima, ciò che fa di lei quello che è”. In ciò cercava di evidenziare le imperfezioni del soggetto al fine di produrre così una maggiore verità del soggetto. Così saranno le fotografie di Madonna (fra cui quella del suo primo album) di Bukowski e Sean Penn, di Tina Turner, Dizzy Gillespie o Isabella Rossellini.
Mantiene sempre un rapporto di lavoro con i suoi soggetti, “il fotografo cerca qualcosa e si sforza di manipolare forme e persone per ottenere qualcosa che abbia un significato.”. In una intervista dichiarerà di riconoscere in Edward Weston un suo grande maestro, ma ad ispirarlo sono tanti: Helmut Newton, Matt Mahurin, Iving Penn e Avedon.
Interessante infine il video che mostra i negativi dell’autore e le sue scelte fra le differenti pose. Fra le pellicole preferite spicca la Kodak TriX.
Alla domanda qual’è il consiglio che daresti a un giovane fotografo oggi, risponderà:
“Segui il tuo istinto. Gli direi, non farti condurre per le strade indicate dalle scuole di fotografia. E’ giusto avere tutte le informazioni tecniche, ma non è questo che conta. Sono più importanti le idee che riesci a esprimere tu, in modo originale.” .
Milano, Palazzo della Ragione fino al 5 giugno 2016.