Piazzale Cadorna, Milano 16 apr 2014
Li vedovo spesso, lì, affardellati su quella panchina marmorea con i loro bagagli. I due anziani signori erano un curioso assortimento umano. Sembravano provenire da una terra remota e da un tempo che fu.
Lui vestiva spesso un cappello piumato e lei un fazzoletto nero in testa legato sotto il mento come facevano le nostre bisnonne cent’anni fa e sembrava, proprio come loro, in perenne lutto. Erano avanti con l’età e questo li rendeva ancora più curiosi perché, se è vero che ormai nelle città si vedono migliaia di migranti, non sempre se ne vedono di età avanzata. Li vedevo tutte le mattine e tutte le sere su quella panchina al riparo dagli alberi vicino la metropolitana di Piazzale Cadorna.
Vicino quella che avevano eletto a loro dimora, nel mio breve tragitto potevo assistere alla vita quotidiana di una famiglia immigrata che vive di nulla. Così spesso parlavano con altri immigrati della zona cercando di spiegarsi magari a gesti. Ma la cosa più curiosa era che vivevano la loro vita seduti alla panchina: lì cucinavano con fuochi di fortuna, mangiavano, bevevano vino e lì dormivano avvolti sotto spessi teli di nailon. Non chiedevano nulla ai passanti, almeno lì, era come se quella fosse la loro casa e non fosse lecito elemosinare nulla lì.
Una volta vidi la donna litigare con il marito e qualche altro straniero con cui doveva aver fatto amicizia, forse lui aveva data tutto quello che gli era rimasto della povera cena e la donna sembrava rimproverare pesantemente il marito.
La curiosità di saperne di più di quella strana coppia che venuta direttamente della campagna di un paese remoto montò in me sempre di più. Certo mi sarebbe piaciuto parlargli da solo ma non sempre li vedevo soli, soprattutto la sera ed inoltre il tempo a mia disposizione era molto poco. Avevo paura che da lì a pochi giorni sarebbero stati allontanati dalla polizia invece era più di due mesi che stanziavano indisturbati sempre nello stesso luogo. Sembrava che, rispetto agli altri migranti che si vedevano in giro, loro fossero giunti da poco e che ancora non conoscessero molte regole della nostra società e soprattutto di quella vita che stavano vivendo. Avevo come l'impressione che comunicassero più a gesti che con le parole e la donna in questo sembrava molto meno esperta del marito.
Poi, un giorno, stavo per imboccare la metropolitana lì vicino quando mi sono detto:
"Ho un pò di tempo, perché non avvicinare queste persone ora?"
Sono tornato sui miei passi e mi sono diretto subito verso l'uomo che era in piedi nel mezzo della piccola piazzetta.
Non sapendo cosa dire mi sono avvicinato come fossi un vecchio amico di lunga data.
"Hei, ciao, come va?"
E nello stesso tempo gli porsi la mano. Non ricordo esattamente le sue parole perché non furono in un italiano comprensibile, ma capì subito che non avevo cattive intenzioni e mi disse qualche cosa per farmi capire che tutto andava bene. da vicino era un uomo alto e con mani callose e grandi, tipiche di chi ha lavorato la terra tutta una vita.
Si avvicinò anche la moglie, ma io dialogavo principalmente con lui in quanto mi pareva che lei non riuscisse a parlare italiano neppure il minimo da farsi comprendere. Così chiesi da dove venissero, e l'uomo mi disse dalla Romania, chiesi se avessero da mangiare e ancora mi fece capire che una cena, per quella sera l'avrebbero procurata.
Vista la difficoltà nel dialogo domandai da quanto tempo erano in Italia e a quel punto mi fecero il segno di quattro con le dita ma non riuscivo a capire se intendessero quattro anni o quattro mesi, confabulando fra loro l'uno sembrò confermare quattro mesi. Cercai di raccontargli che passavo di lì tutte le mattine e tutte le sere ma non ero sicuro di quanto mi comprendessero. A quel punto gli dissi che ero un fotografo e che se volevano gli facevo una foto e presi la mia Leica dalla borsa.
Furono molto tranquilli nel farsi fotografare, ed anzi mi chiesero se gli facessi una foto insieme. Mi parve una gran bella cosa così gli scattai alcune foto non posate insieme con piano americano, ma l'uomo mi disse che avrebbe gradito una foto a figura intera e si impostò in modo marziale vicino alla moglie. Gli scattai due foto in rapida successione e gli promisi che gli le avrei portate al più presto.
Dal momento che dovevo recarmi a prendere un treno, salutai e mi stavo avviando verso la metropolitana, quando gli chiesi frettolosamente i loro nomi e l'uomo si presentò come Kostantin e presentò la moglie come Kristina.
Passarono ancora alcuni giorni e li vedevo sempre lì ma non avevo molto tempo di soffermarmi. Ma un giorno decisi che dovevo portargli quella foto. La stampai e in un tardo pomeriggio mi fermai per dargli la foto, con l'occasione avrei voluto fare qualche scatto ulteriore a Kristina, che avevo fotografato un pò frettolosamente. L'uomo discorreva con alcuni extracomunitari vicino una panchina, i quali furono molto sorpresi dal vedere che io e Kostantin ci salutavamo come vecchi amici, per quanto lui non ricordasse minimamente della foto. Gli chiesi della moglie e mi disse che era in giro a cercar di procurare qualche cosa per la cena. Feci ancora qualche foto, ma non molte per la verità perché tendeva sempre ad assumere una posa quando scattavo ed in qualche modo la cosa mi disturbava. Poi presi la foto stampata in A4 e gli la porsi, rimase ad ammirarla in silenzio per alcuni minuti. Si vedeva che era felicissimo e che la considerava quasi un bene prezioso, aveva timore a toccarla. La ripose con cura sotto un giornale in modo che non si potesse rovinare e mi ringraziò moltissimo. A quel punto lo salutai, avevo veramente poco tempo e dovevo correr via.
Non passai da quelle parti per una settimana, ma un giorno uscendo dalla metropolitana notai che nel parco non c'era più ombra di loro e neppure delle loro cose: la loro panchina, quella che era stata la loro dimora per più di due mesi, era tornata ad essere desolatamente vuota. Qualche giorno dopo intradividi Kristina all'angolo di una strada che chiedeva qualche soldo, non potei parlarle perchè era dal lato opposto al mio ed ero già in ritardo. Purtroppo, dopo quel giorno, non li vidi più.
Credo che iniziare una nuova vita in un Paese straniero sia molto duro, se poi non si è più molto giovani e non si ha nulla su cui contare lo è ancora di più e per questo, in qualche modo, provo nel ricordare l'incontro con Kostantin e Kristina una profonda ammirazione per il coraggio che hanno avuto pur non conoscendo, purtroppo, le loro storie.