Interessante mostra fotografica di Michele Berti sul paesaggio, un viaggio fra i meravigliosi paesaggi toscani a metà fra ideale e reale come indica il sottotitolo della mostra stessa.
Ho visto le mostre: Una storia americana di Gordon Parks e Your wounds will be named silence di Robin Hammond
Il centro Forma di Milano ospita ancora una volta due grandi mostre: la prima dedicata ad un grande fotografo e regista del XX secolo, Gordon Parks (fino al 23 giugno); e la seconda dedicata alla situazione nello Zimbawbe del vincitore del Premio Carmignac Gestion riservato ai fotogiornalisti (fino al 26 maggio).
Iniziamo dalla prima dedicata a Gordon Parks e alla storia americana raccontata attraverso i sui servizi fotografici commissionati dal Life. In mostra sono presenti uno spaccato della sua intera produzione, dai primi scatti nel suo quartiere agli scatti di moda e ai servizi sociali. Il suo sguardo si rivolto principalmente ai problemi dell'America nera nel periodo dell'apartheid. Molti suo scatti sono rimasti famosi nella coscienza sociale dell'America e non solo. Ha affrontato la i suoi lavori sempre con partecipazione diretta agli eventi e alle situazioni che raccontava e le fotografie sono testimoni di un partecipato agli eventi che raccontava. La sua opera è passata attraverso un lavoro introspettivo del vissuto quotidiano per poi approdare ai grandi temi nazioni e ai grandi personaggi. Ha saputo esplorare con la sua macchina fotografica l'animo delle persone che ritraeva più che il simbolo, così ha affrontato allo stesso modo sia i personaggi famosi del suo tempo sia le persone comuni. Interessate è la ricerca costante nelle sue fotografie di raccontare, cercare le storie. In questa luce si inquadra anche una sua massima: "Those people who want to use a camera should have something in mind, there's something they want to show, something they want to say".
La mostra si compone di molte foto alcune sono stampe vintage ed altre sono stampe moderne ed anche i formati delle stame sono molto diversi, nel complesso risulta molto armoniosa e ben divisa per temi. Anche il catalogo è ben fatto anche se avrei preferito un formato più grande in quanto è un formato circa la metà dei libri fotografici classici.
La seconda mostra dal titolo "Your wounds will be never named silence" presente sempre al Forma è stata invece una vera scoperta. Nulla sapevo di questo fotoreporter di nome Rodin Hammond e dello Zimbabwe del regime di Mugabe. Ho invece scoperto una realtà terribile e un grande fotografo che ha saputo documentare le mille sfaccettature del regime attraverso le fotografie a colori (scelta sempre difficile quando si parla di reportage) in formati decisamente grandi e montate su dibond. Il fotografo è partito dalle persone ridotte ormai a vivere come animali per mostrare come il regime abbia ridotto la società dello Zimbabwe. Il suo non è stato un lavoro facile ed ha affrontato le sofferenze delle persone e i pericoli del regime per portare la voce di un popolo ormai dimenticato nel mondo. Spettacolare la seconda parte, al primo piano, dove in sala scura campeggiano ritratti in formato grande di persone colte con una luce su sfondi neri a volerci ricordare le mille storie fatte di persone che non devono essere dimenticate nell'ombra dell'oscurità.
Le molte fotografie, come ho già detto, sono in grande e grandissimo formato montate su dibond e tutte a colori. I toni caldi e pastello delle foto fanno da contraltare alla drammaticità delle situazioni che raccontano.
Robin Hammond è un fotoreporter nato 37 anni fa in Nuova Zelanda e si batte per i diritti umani delle popolazioni dell'Africa Sub-Sahariana. Attualmente vive a Parigi.
Ho visto la mostra: "Il racconto del riso" di Gianni Berengo Gardin
Il nuovo lavoro fotografico di Gianni Berengo Gardin è un ritorno in quella "Terra di Risaia" che già lo aveva ospitato qualche anno addietro.
Il nuovo libro, "Il racconto del Riso", e con esso la nuova mostra al centro Forma è l'occasione per approfondire nuovi temi sulla coltivazione del riso nel vercellese.
Le foto in mostra non sono moltissime ma ben organizzate in temi che poi si ritrovano anche all'interno del libro che accompagna la mostra. Sono grandi stampe ai sali d'argento 50x70 e rendono bene l'idea del paesaggio e delle vita moderna delle cascine. Meno efficace, a mio modesto parere, la parte fotografica del tempo che fu dove vengono rifotografati dall'autore vecchi posti e cimeli di una vita di risaia scomparsa.
Il lavoro rimane ai massimi livelli come ormai da tempo Berengo Gardin ci ha abituati e getta un occhio indagatore su questa realtà rimanendo tuttavia sempre un po' distante da questo mondo agricolo del vercellese e non assurge mai ai livelli degli scatti più tipici di questo grande Maestro della Fotografia. Alcuni scatti invece risultano molto drammatici e riusciti in grado di trasmettere la tensione fra la natura e l'uomo che raramente si coglie con uno sguardo distratto mentre si viaggia sulle strade della terra del riso.
Il libro dall'omonimo titolo edito da Contrasto, è molto ricco di fotografie e sarebbe stato interessante se si fosse organizzata una mostra più vasta di quella allestita.