American Voyage è un libro del fotografo italiano Mario Canicelli che negli anni ‘60 ha raccontato l’America. Mario Carnicelli vinse un premio edito da Ferrania e attraversò molte città degli Stati Uniti raccontando con le sue fotografie la vita e i luoghi che incontrava e lo colpivano, oggi è un esempio di street photography, sintesi perfetta di come il racconto si amalgama la curiosità.
Read MoreHo letto "A occhi aperti" di Mario Calabresi
Ho appena finito di leggere il nuovo libro di Mario Calabresi "A occhi aperti" edito da Contrasto. Pare che durante le feste di Natale sia andato letteralmente a ruba a testimonianza del fatto che la Fotografia crea interesse nel pubblico.
Mario Calabresi, figlio del commissario Calabresi ucciso nel 1972, è alla guida de La Stampa dal 2009 e, secondo anche quanto racconta nel libro, il suo amore per la fotografia viene da lontano anche se non si definisce un fotografo. In effetti nel libro ci tiene a specificare che non intende parlare propriamente di Fotografia ma del rapporto che il fotografo ha con gli eventi importanti della storia che lo hanno visto testimone e in qualche misura la hanno creata in uno scatto.
Calabresi incontra dieci grandi fotografi: Steve McCurry, Josef Koudelka, Don McCullin, Elliot Erwitt, Paul Fusco, Alex Webb, Gabriele Basilico, Abbas, Paolo Pellegrin e Sebastiao Salgado. I suoi non sono incontri sulle loro fotografie in generale o sulle loro modalità di fotografare, seppure vengono fuori spesso nel libro, ma piuttosto Calabresi punta su alcune foto particolari, foto storiche di un periodo o un evento ed a partire da queste ricostruisce il momento "in cui la storia si è fermata in una foto" come illustra il sottotitolo stesso.
Quello che colpisce maggiormente è come tutti i fotografi siano stati segnati da quegli eventi ed in qualche modo ed è come se la loro visione abbia influenzato la percezione che si avrà di quell'avvenimento in futuro (come la foto scattata da Abbas di Nixon che punta il dito verso il presidente sovietico nel pieno della guerra fredda). Il racconto di Mario Calabresi è avvincente e cattura l'attenzione del lettore anche, e direi soprattutto, di chi non è interessato alla Fotografia, fa riflettere sul potere dell'immagine e del giornalismo fotografico. Ad esempio Abbas racconta come scattò diverse foto alla Ayatollah Khomeini al rientro in Iran ma che solo una secondo lui mostrava il suo vero volto che poi si sarebbe rivelato ma per opportunità ne fu scelta un'altra dove la Ayatollah si mostrava sorridente.
Il libro, ovviamente, è corredato di molte foto ma queste sono spesso finalizzate all'illustrazione del discorso e dell'intervista quindi non bisogna attendersi un libro patinato di fotografie. Personalmente l'ho trovata una lettura interessantissima ed utile per comprendere appunto come la storia incontra la fotografia ogni giorno ed ogni giorno si ferma in un'immagine che andrà a comporre la memoria di quell'evento. Vivendo in una società dove la comunicazione visiva è importante e predominate, la cultura della Fotografia d'attualità, interpretata da autori che attraverso la loro visione mediano ed raccontano gli eventi non in modo casuale e disconnesso come il flusso indistinto della fotografia social molto in voga oggi, risulta assumere una valenza fondamentale ed irrinunciabile del giornalismo moderno. In definitiva una lettura molto piacevole sia se si è appassionati di fotografia e sia se si è solo interessati a capire il mondo in cui viviamo.
Architetture, città, visioni
"Architetture, città, visioni - Riflessioni sulla fotografia" è un libro di Gabriele Basilico edito da Mondadori che ho acquistato e letto nelle poche ore che separano Milano da Roma viaggiando su un Frecciarossa.
Gabriele Basilico ripercorre la sua carriera di fotografo dalle prime esperienze fino alla sua maturità, il libro è del 2007 e quindi credo uno degli ultimi suoi lavori prima della sua scomparsa all'inizio di quest'anno.
Anche se Basilico parte da una fotografia di architettura che sembra non lasciare spazio alla forma artistica, ci tiene invece a sottolineare come
"uno dei compiti della creazione artistica consiste nel rendere visibile, scavando nella realtà e nell'immaginario, qualcosa che normalmente non si vede, che è come se fosse invisibile, ma che naturalmente in realtà esiste."
Egli ci parla di "lentezza dello sguardo", cioè di uno sguardo che mette a fuoco tutto e permette di cogliere ogni particolare, si rifà alla tradizione di Eugène Atget e Walker Evans.
Nel libro si coglie tutta l'evoluzione della Fotografia di Basilico, infatti egli stesso ammette come passa da una fotografia del drammatico, con toni più cupi ad una fotografia fatta di armonia anche nei toni. L'attrazione per l'abbandonato lascia spazio all'esplorazione dello spazio reale.
Un buon libro per capire il lavoro di un grande fotografo che è partito ad indagare l'uomo dalla misura dello spazio utilizzato, non siamo di fronte ad una pura fotografia di architettura ma questa supera la rigidità degli schemi e diviene un modo per guardare all'uomo e alla sua relazione con il suo habitat,