È morto il padre de “Gli Americani”

Robert Frank è morto. Potrebbe essere solo la notizia della scomparsa di un altro famoso fotografo se non fosse Robert Frank che legò il suo nome soprattutto ad un unico lavoro. Lavoro unico e rivoluzionario, “The Americans”, dove racconta l’America degli anni ’50. Dopo quella pubblicazione di fatto smise di fotografare (o per lo meno non raggiunse più quelle vette) e si dedicò, con altrettanto successo, al cinema dove legò il suo nome ad un famoso e controverso documentario sui Rolling Stones.

IMG_2768.JPG

Fu un fotografo innovativo e rivoluzionario come lo fu Cartier-Bresson ma diverso e opposto per alcuni versi al grande maestro francese. Robert Frank non cercava l’inquadratura perfetta o le invisibili geometrie del quotidiano, lui raccontava la realtà, quello che vedeva. Spesso lo faceva istintivamente senza neppure scendere dall’auto su cui viaggiava. Non cercava l’inquadratura ma se necessario ricorreva a pesanti tagli in camera oscura. “The Americans” – come scrive il Fatto Quotidiano –  si è imposto come un grande classico di “letteratura visiva”, segnò più che un’epoca forse la fine del mito americano. Robert Frank oggi rimane uno dei capisaldi di quella che viene chiamata “street photography”. Viene spesso imitato e citato nel modo di raccontare per immagini ma senza che questa imitazione diventi vera innovazione narrativa.

Robert Frank

Robert Frank

Rimasi molto colpito dalla sua fotografia e dal suo approccio istintivo e ne parlai anche in occasione della visita alla sua mostra nel 2016 a Milano, e dopo la sua morte il suo lavoro rimane, a mio avviso, un esempio di racconto fotografico dove non necessariamente si ricerca la purezza dell’immagine e dove la singola fotografia diventa un capitolo di un racconto più vasto. Robert Frank ci lascia in eredità la concezione di una fotografia che può rompere gli schemi della ricerca estetica a tutti costi e ci mostra come fotografare possa voler dire narrazione.

FullSizeRender.jpg