La lezione di Fan Ho sulla street photography

Mi sento sempre a disagio quando devo parlare di un grande Maestro della Fotografia. Credo non solo di avere conoscenze inadeguate sull’autore, in effetti mi sembra di ripetere una lezione scolastica su qualche autore senza però conoscerlo veramente, inoltre sento che la mia visione è anni luce distante rispetto ai suoi scatti.

Pensate per un momento di confrontare la vostra visione con un Bresson, un Elliott o qualsiasi altro autore universalmente riconosciuto come “influente”. Certo non nego che alcuni potrebbero ritenere la loro visione alla loro stregua e magari alcuni scatti lo saranno anche, ma siamo in grado di esprimere costantemente tutto ciò che uno solo di loro ha espresso nel corso della loro vita? Non credo. Credo, piuttosto, che ogni autore potrà apportare un tassello alle nostre conoscenze e contribuire a costruire la nostra personale visione che si rifletterà nella nostra fotografia anche se alla fine manterremo sempre la nostra identità.

Un grande cineasta e fotografo ha influenzato molto un certo modo di interpretare la realtà e la street photography in particolare: questo autore è Fan Ho, un autore cinese morto circa un anno fa e che fu più o meno contemporaneo di Henri Cartier-Bresson.

Fra ombra e luce

Per parlare di Fan Ho si può partire dal suo scatto più famoso (grazie anche al notevole valore che fu battuto all'asta: 48.000 USD): "Approaching Shadow".

Approaching Shadow (c) Fan Ho

Approaching Shadow (c) Fan Ho

In quel titolo si riassume l'intera visione dell'autore, egli parte dall'ombra o meglio dal contrasto che l'ombra e la luce crea e lo cattura nelle sue fotografie. Deve molto al cinema, la sua visione è molto cinematografica, egli ebbe modo di esprimersi in questi termini:

"Mi piaceva concentrare e semplificare il mondo in bianco e nero, era piu’ simile alla mia natura. Potevo esprimere meglio e piu’ liberamente le mie emozioni, potevo tenerle sotto controllo, ed i risultati erano surreali e semi astratti. Mi piaceva quella distanza, non troppo vicino, non troppo lontona."

(c) Fan Ho

(c) Fan Ho

Il teatro della vita

Fan Ho ammira Cartier-Bresson da cui prende le mosse la sua fotografia ma introduce un concetto ulteriore: lo storytelling, cioè la capacità di comunicare attraverso universi narrativi che riproduce partendo dall'osservazione del luogo in cui scatta incastrando in esso involontari attori.

"Vedo la strada come un Teatro Vivente (Living Theater). È anche il titolo del mio libro; Aspetto che gli attori entrino ai loro posti".

(c) Fan Ho

(c) Fan Ho

Non ammetteva distrazioni nella sua ricerca, amava percorrere le strade da solo alla ricerca delle sue storie che costruiva con l'uso di crop a partire dal formato quadrato della rolleflex per approdare occasionalmente alla Leica. Una macchina fotografica gli era più che sufficiente.

"Scattavo fotografie secondo il mio istinto. Non cercavo nulla che fosse particolarmente attrattivo. Scattavo fotografie nel modo in cui vedevo nessun particolare maestro, stile o filosofia."

(c) Fan Ho

(c) Fan Ho

Nostalgia cinematografica

Le foto di Fan Ho sono pervase da un senso di nostalgia cinematografica, prima trovava la locatin e lo stato d'animo che gli permetteva di creare un climax per le sue foto, poi attende il momento opportuno.

“Prima devi trovare la location ideale. Poi devi essere paziente ed attendere il soggetto giusto capace di suscitare il tuo interesse, anche semplicemente un gatto per esempio. Devi essere capace di cogliere l’attimo in cui  lo spirito, l’essenza, l’anima del soggetto si rivelano.. Se quell’attimo non arriva, devi aspettare la sensazione giusta. E’ un lavoro creativo, perche’ quella sensazione la devi avere dentro lontano…”

(c) Fan Ho

(c) Fan Ho

Innalzare l'asticella

Per lui la tecnica non ha un'importanza fondamentale; come il suo mentore Bresson, ritiene che prima di tutto venga la visione e poi la tecnica. Amava scattare dotografie e sentire il rimore dell'otturatore della sua leica a pellicola e amava lavorare in camera oscura ma era consapevole che quella non fosse la parte più importante della fotografia.

"Credo che la tecnica non sia troppo importante. È più importante usare i tuoi occhi, la mente e il cuore. La tecnica è qualche cosa che ognuno può fare. Se vuoi portare la tua fotografia ad un livello più elevato devi raccontare qualche cosa. Muovi qualche cosa. Dovete sentirlo quando fate fotografie e ciò vi porterà ad livello più alto. La fotografia deve essere inquietante e deve valer la pena di esser ricordata."

(c) Fan Ho

(c) Fan Ho

Fan Ho, sicuramente un maestro indiscusso della fotografia, oggi impartisce a tutti gli amanti della street photography una lezione assolutamente attuale dove la visione e la necessità di raccontare assurgono a veri cardini per una fotografia di un livello superiore.

Fan Ho

Fan Ho

Conoscere la macchina fotografica con cui si scatta

Prima Regola: Conoscere lo strumento che si suona, in fotografia si traduce con il classico "leggere il manuale di istruzioni".

E' una cosa banale, chi usa macchine fotografiche spesso dimentica oppure semplicemente non intende farlo, ma i rischi sono sempre dietro l'angolo.

Avevo deciso di fare alcune fotografie in un luogo in cui avrei voluto fotografare da molto tempo. Giunto il momento mi preparo l'attrezzatura: cavalletto, macchina digitale, un paio di obiettivi, Rolleiflex 3.5F, pellicole 6x6 a 400 e 100 ASA, flessibile di scatto ed esposimetro. Tutto pronto. Mi reco all'appuntamento, luce perfetta, luogo ideale. In tutta tranquillità sistemo la macchina fotografica (digitale) sul cavalletto faccio un paio di scatti sistemo qualche esposizione. Decido che si può usare il rullo a 100 ASA, voglio far le cose con calma e non lasciare nulla al caso, misuro bene la luce, guardo l'angolo per una migliore inquadratura attraverso il vetro smerigliato della Rolleiflex,  faccio due veloci calcoli sull'esposizione e mi accingo a caricare il rullo fotografico.

Apro il dorso, inserisco la pellicola 6x6 e aggancio la coda della pellicola al rocchetto ricevente, chiudo il dorso e carico con la leva di avanzamento e..... giro, giro ma non arriva mai il numero 1 della prima posa..... "Ah - mi dico - vuoi vedere che non ho agganciato bene la pellicola". Riapro il dorso e, con somma meraviglia, la trovo completamente avvolta nel rocchetto ricevente!

Ho buttato un rullo!! Va bene, non mi perdo d'animo e prendo un rullo nuovo. Stesso procedimento, apertura del dorso, aggancio della pellicola, chiusura e carica.... carica, carica, carica e nulla. Forse è rotta. Apro il dorso e pellicola avvolta completamente nel rullo ricevente. Acc... Cercherò di recuperarla, la avvolgo al contrario nel dorso.... operazione a metà non più possibile perchè diventa durissimo il riavvolgimento e si rischia di rompere la macchina fotografica. Quindi apro il dorso e sfilo i due rocchetti: altro rullo inutilizzabile.

Macchina forse rotta, mi metto l'anima in pace e provo un terzo rullo, con calma, senza fretta, senza troppa collera. Inserisco l'ultimo rullo e risultato identico. "Perfetto, la macchina è guasta" - mi dico. Farò solo delle fotografie digitali.

Faccio un pò di scatti con la macchina digitale ma senza troppo entusiasmo, la mia mente ormai è su un altro pianeta: rifletto su quella Rolleiflex che avrei voluto usare e non ho potuto. Finite le poche foto, mi fermo un attimo prima di andar via e mi riavvolgo a mano un rullo di quelli usati inutilmente poc'anzi, faccio ancora una prova ed ottengo sempre un rullo avvolto senza mai passare per la prima esposizione.

Vado via. Lungo la strada chiamo il mio fotoriparatore di fiducia:

"Ciao, come va?"

"Bene, buon anno"

"Buon anno anche a te, senti ho un problema con La Rolleiflex non mi carica più la pellicola non so che gli abbia preso ma non l'ho usata ultimamente"

"Va bene, quando vuoi passa da e me e ci do un occhio".

Mi ritengo almeno fortunato ad averlo trovato e decido di non prendermela più di tanto, però peccato, mi dico, perché dal vetro della Rolleiflex avevo visto una composizione proprio interessante, vedremo le fotografie digitali.

Arrivo a casa, sistemo tutto con calma e preparo la rolleiflex per la spedizione di riparazione all'indomani mattina. Mi accingo alla visione delle foto digitali. Non mi piacciono, le trovo poco interessanti rispetto alla mia idea originale e poi l'inconveniente ha rovinato le mie future inquadrature e visioni.

Cerco di star calmo, ma la notte ho degli incubi incredibili. Sogno Rolleiflex distrutte, pellicole con forme animali.... Fortunatamente la sveglia mi desta dagli incubi.

Mi reco, di buon mattino, dal fotoriparatore, attendo che finisca con un paio di clienti e gli espongo il problema. Lui cerca una pellicola per far la prova ma lo batto sul tempo perché ne ho portata una di quelle rovinate già pronta per la prova. La metto nel magazino e sto per infilare la coda nel rocchetto ricevente e il fotoriparatore mi blocca e mi dice:

"Scusa ma è così che la caricavi?", lo guardo allibito e un po timoroso.

"Si"

"Bhe - mi fa - lo credo che non la caricavi mai: questa è una due rulli non a rullo unico! La pellicola la devi passare sotto al primo rullo e poi agganciarla"

Un brivido mi gela la schiena. Lo sapevo, l'ho caricata molte volte ma poi avendo usato altre macchine lo avevo dimenticato!!!

"Ah, urca lo sapevo ma l'ho dimenticato", rispondo sommesso.

"Eh capita - fa lui - La Rolleiflex ha fatto molti modelli ed è facile confondersi"

Aggancio, questa volta regolarmente la pellicola un pò tremolante e tutto funziona correttamente.

"Bene, dai meglio così", mi dice ed io non so come scusarmi della mia goffaggine.

Purtroppo sembra tutto molto banale ma a volte le cose più elementare risultano essere le più complicate.

E ci si lamenta delle moderne camere fotografiche, metà delle cui funzioni sono superflue o non servono strettamente a fotografare.... provate a caricare una pellicola in una macchina fotografica di qualche anno fa o anche semplicemente di una Leica e poi se ne riparla.