Da un articolo di Chris Taylor nasce una riflessione sulla enormità delle immagini prodotte ma che inevitabilmente finiranno il loro breve ciclo di vita sepolte in archivi digitali. Tali immagini non hanno significato neppure per chi le produce.
Read MoreHo visto la mostra "Vivian Maier. Una fotografa ritrovata"
Ormai Vivian Maier non è più la sconosciuta bambinaia di Chicago, la sua storia ha fatto ha fatto il giro del mondo e credo che John Maloof abbia ampiamente raggiunto il suo scopo di ritagliargli un posto nell'Olimpo dei grandi Fotografi.
La sua prima mostra a Milano (Galleria Meravigli fino al 31 gennaio 2016) sta avendo un gran seguito, io l'ho vista qualche giorno fa e ne avevo visto anche l'allestimento passando da quelle parti qualche giorno prima, quando appunto arrivarono le casse contenenti le fotografie.
La storia di Vivian Maier mi aveva incuriosito molto fin dall'inizio e la segui con interesse, vedendo anche il bel documentario "Alla ricerca di Vivian Maier" curato sempre da Maloof, il fortunato scopritore della fotografa. Le principali fotografie devo dire che mi sono tutte abbastanza note per lo splendido lavoro che stanno facendo con il suo sito e con la sua diffusione, quante però ancora non conosciute o non sviluppate ve ne siano non è dato sapere.
È un po' con questa speranza, cioè di vedere nuove foto oltre quelle del libro e catalogo della mostra stessa, e con la curiosità di vedere le stampe che mi sono recato alla mostra di Milano organizzata dalla Fondazione Forma per la Fotografia.
Dirò subito che le mie aspettative sulle nuove foto sono andate deluse: purtroppo non vi erano lavori non noti, ma in compenso vi erano alcuni spezzoni filmati da lei che personalmente non conoscevo e che denotano quanto attenta all'inquadratura e quanto meticolosamente si dedicasse alla sua attività.
I lavori presenti, per lo più in bianco e nero invece non deludono le aspettative. Le stampe sono mediamente grandi e molto "pulite", fanno apprezzare il senso dell'inquadratura della Maier. Sono sicuramente di grande impatto e la cornice chiara color legno rende l'allestimento essenziale e ordinato pur mettendo in mostra un numero considerevole di immagini.
Di minore effetto, a mio parere, le fotografie a colori della Maier. Non che non avesse occhio per il colore che anzi riusciva a vederlo molto bene, ma perché forse sono in numero considerevolmente minore e un po' sacrificate nell'allestimento; in fondo ciò che ha reso famosa la Maier è stato quel bianco e nero quadrato della sua Rolleiflex. Il colore, per ora e per la sua storia, lo ascriverei ad una pura sperimentazione.
All'uscita della mostra non conosco meglio Vivian Maier rispetto a quanto sono entrato, quindi catalogherei la mostra più fra gli eventi estetici che ad un evento conoscitivo. In fondo una mostra può farci conoscere meglio un autore oppure mostrare i suoi lavori noti in modo retrospettivo, ed è qui collocherei la mostra di Milano.
Vivian Maier è sicuramente una delle personalità più controverse degli ultimi anni e per quel che conosciamo fino ad ora è stata una grande street photographer, come oggi la definiremmo, la mostra contribuisce a farci apprezzare le sue inquadrature e il suo talento. Osservando le sue foto si rimane colpiti da quanto ella si spingesse verso il soggetto che ritraeva fino al limite della sua sfera personale.
Per quanto non ne sia uscito dalla mostra pienamente soddisfatto per via delle aspettative che mi ero fatto, credo che andrò a rivederla prima del suo termine se non altro per studiare attentamente le sue fotografie.